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La “londinese” Monica Coletti: «Purtroppo non è possibile teletrasportare qui tutti gli affetti»

Laureatasi in Scienze della Comunicazione a L’Aquila con 110 e lode, da tre anni ha spiccato il volo verso l’Inghilterra, e più precisamente nella capitale Londra dove vive e lavora come insegnante di italiano.
Da sempre appassionata di moda, il sogno nel cassetto della pescarese Monica Coletti resta però quello di lavorare nel mondo del fashion luxury.

In un ruolo non tanto “usuale”, come ci tiene a sottolineare la stessa Monica con un esempio molto calzante: «Molti sognano di essere Anne Hathaway del film Il Diavolo Veste Prada», spiega, «io invece vorrei diventare la nuova “Miranda Priestly”(Meryl Streep). Sono affascinata dal ruolo di potere che la Streep ricopre in quel film, ma lo personalizzerei a modo mio».

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Un’altra sua passione è quella della scrittura, anche se la maggior parte delle volte quello che scrive preferisce leggerlo in maniera del tutto “esclusiva”.

Nel tempo libero adora invece girare in lungo e in largo per Londra, e in particolare in tutti i mercatini vintage (Brixton, Shoreditch, Brick Lane, Camden), dai quali spesso trae ispirazione per buttare giù qualcosa sulla Londra da vivere.
Ecco quindi una lunga intervista alla scoperta di Monica Coletti, delle sue passioni e aspirazioni, e soprattutto del legame indissolubile con la sua terra d’origine.

Dove è nata e cresciuta?
Io sono nata e cresciuta a Pescara

Dove ha studiato?
Ho trascorso tutto il mio periodo universitario nella “meravigliosa” L’Aquila, città di cui porto un prezioso ricordo di spensieratezza e cultura.

Da quanto tempo è lontana da Pescara?
Sono lontana da Pescara da quasi tre anni, precisamente saranno tre anni il 21 maggio.

Riandrebbe via da Pescara?
Si, lo rifarei sicuramente ad occhi chiusi, con lo stesso entusiasmo e con la stessa incoscienza di quasi tre anni fa, nonostante le difficoltà che si incontrino nel lasciarsi alle spalle le proprie origini per il cosiddetto “ignoto”.

Di che cosa si occupa?
Attualmente insegno italiano ai bambini dai 5 agli 11 anni. Nonostante mi diletti ogni giorno in questa professione, non è questa la strada che intendo perseguire per il resto della mia vita.
In Italia mi occupavo di marketing e comunicazione, in più ero appassionata di giornalismo. Purtroppo, arrivata qui a Londra, il primo ostacolo è stato proprio la lingua ed ho così dovuto cercare una professione che mi permettesse di vivere mentre allo stesso tempo aumentavo le mie competenze linguistiche in inglese. In ogni caso per il momento non mi lamento e mi ritengo soddisfatta del mio percorso.

Che cosa le manca della sua città?
A parte gli affetti, che sono sicuramente la mancanza più grande, mi manca il mare e quella brezza marina così fresca e dissetante che solo chi è nato e cresciuto in una città di mare può apprezzare.

Che cosa non c’è della sua città dove vive adesso?
Come ho appena detto, purtroppo non abbiamo il potere di teletrasportare tutte le persone a cui vogliamo un gran bene da questo lato del Continente. E ovviamente manca il mare…

È vero che si vive meglio all’estero?
Per quella che è la mia esperienza all’estero si vive una vita diversa… non voglio parlare né di meglio, né di peggio. La cosa più importante è apprezzare i vantaggi che l’Estero ci offre e non rammaricarci di cose che ovviamente possono mancare.

Dal punto di vista lavorativo è più semplice fuori?
La realtà lavorativa è molto differente da quello che è l’attuale scenario italiano. In Italia molto spesso ci chiedono di lavorare a costo zero, ecco questo è un qualcosa alquanto inusuale all’estero, dove anche per un semplice stage si cerca di retribuire la persona per farla sentire gratificata e soddisfatta.
Trovare lavoro al giorno d’oggi non credo sia più così semplice come un tempo, poiché la situazione è giorno dopo giorno sempre più inflazionata anche qui. Allo stesso tempo però, la richiesta è alta anche se ci si trova a scontrarsi con una concorrenza estremamente competitiva.

E dal punto di vista sociale si vive bene?
Sinceramente dal punto di vista sociale credo che la realtà britannica sia estremamente differente da quella che è la nostra visione all’italiana. Le persone socializzano in maniera diversa, spesso il fattore aggregante è proprio una bella ‘Bionda’.
Io ho conosciuto persone che arrivano da ogni parte del mondo e nonostante le culture siano diverse, l’integrazione c’è, forse in maniera meno immediata della nostra, ma c’è.

Torna spesso in Abruzzo?
Cerco di tornare il più spesso possibile, poiché la mia famiglia è lì e per me loro sono al primo posto. Diciamo che foraggio ampiamente Ryanair in media ogni 2-3 mesi.

Cosa porterebbe di Pescara? E cosa porterebbe a Pescara del posto nel quale vive ora?
Porterei la mentalità londinese, quella che oltrepassa i pregiudizi, i pregiudizi razziali, di sesso e di religione che purtroppo noi abitanti di provincia ci troviamo quotidianamente a dover affrontare.
Mentre dell’Italia porterei l’altruismo, che forse qui un po’ manca, quell’altruismo che da ‘Italiani’ ci spinge spesso ad aiutare qualcuno in maniera incondizionata.

Come vede la sua città dall’esterno?
La vedo come una bella cittadina di provincia, con un gran potenziale, spesso però soffocato da chi ci è nato e cresciuto, da chi vive di stereotipi e luoghi comuni.

Come è vista Pescara all’estero?
Su Pescara in particolare non saprei rispondere, ma credo che L’Italia in generale sia un Paese molto apprezzato all’estero. Vantiamo storia e cultura millenaria e questo ogni straniero che si rispetti lo riconosce, in più tutti ci elogiano per la qualità impeccabile del nostro cibo.

Dove vive ha incontrato o frequenta suoi conterranei?
Soprattutto nel primo periodo ho legato più con italiani che con altri, credo che ovviamente la lingua sia una barriera importante soprattutto all’inizio. Attualmente però, non frequento molti italiani, anche perché gran parte degli amici è rimpatriata.

Quali difficoltà ha incontrato nel trovare un lavoro e dopo quanto tempo lo ha trovato?
Quando sono arrivata non ho incontrato grandi difficoltà nel trovare lavoro, dopo due settimane e mezzo avevo già il mio lavoro. Credo che forze di volontà e determinazione siano due caratteri distintivi che non possono mancare nell’intraprendere una scelta come questa.

Come si viene accolti da emigrante?
Diciamo che non si viene accolti. Come credo che sia giusto, sei tu che da emigrante devi metterti in moto per entrare a far parte del meccanismo sociale e ovviamente dimostrare di essere qui per investire sul proprio futuro.

A livello sportivo segue qualche squadra della sua città?
Non ero una gran tifosa in Italia e neanche qui lo sono, ma non nego che un paio di volte sono stata a Stamford Bridge per seguire il Chelsea.

Ha avuto difficoltà nell’imparare una nuova lingua?
Credo che dire che l’inglese sia una lingua semplice, che in meno di due mesi si diventi madrelingua, che basta stare a contatto con persone che parlano in inglese per imparare, siano una serie di luoghi comuni che noi italiani spesso banalizziamo. Ho impiegato tempo e studio per imparare la lingua, poiché non sono una persona che si accontenta di parlare facendo errori e strafalcioni e ritengo inoltre che ci si migliori giorno dopo giorno, investendo sempre su noi stessi.