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Decaro al Flaiano: «Pescara terra di passaggio come Los Angeles, vengo qui molto volentieri»

Enzo Decaro, artista di grandissimo spessore, autore, attore di teatro, cinema e televisione, in occasione del bellissimo e significativo spettacolo “Poeti Massimi” andato in scena sabato 16 maggio all’Auditorium Flaiano di Pescara, si è raccontato ai microfoni di PescaraPost. Lo spettacolo, prodotto da Nadia Stante, ha visto esibirsi, accanto a Decaro, i noti musicisti Thierry Valentini (sax) e Antonio Onorato (chitarra).

Enzo Decaro, è la prima volta che viene a Pescara oppure c’è già stato?

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«No. Pescara è come Los Angeles, ci si passa spesso da Pescara… Poi io sono un grande amante dell’Abruzzo, quindi quando c’è l’occasione per poter venire, vengo molto volentieri».

Pescara è una città di mare come Napoli. Crescere con vista mare dà qualcosa in più?

«Dipende dal mare, perché l’Adriatico mi piace dal punto di vista della comodità, a volte anche come bellezza, però ha un orizzonte un po’ chiuso, ha un qualcosa che non funziona tanto con il mare e cioè guarda a Est, nel senso che si vedono delle bellissime albe ma credo che il mare sia fatto per i tramonti, quindi in questo senso preferisco la montagna abruzzese che è veramente unica, ha una natura meravigliosa però, con tutto il rispetto, preferisco il mare che si guarda a Ovest.»

Lo spettacolo è dedicato a Troisi. Com’era il suo rapporto con lui?

«In realtà, questo spettacolo è dedicato più che altro alla poesia. È dedicato ai poeti e siccome ho sempre considerato il mio rapporto con Massimo molto basato sulla poesia, che era un elemento molto importante nella sua vita creativa e artistica molto più di quanto non sembri, non appaia e non si immagini (noi c’eravamo conosciuti per scrivere canzoni, poesie, testi, musiche) è un po’ un ritorno alla poesia come un momento diverso dalla tanta comunicazione che c’è oggi e però a volte come contenuti…se i contenuti fossero pari alla quantità sarebbe meraviglioso ma non è sempre così. Quindi, si fa quel che si può.»

Dopo Troisi, con Pino Daniele, Napoli ha perso un altro dei suoi poeti?

«Guarda se mi autorizzi, a questa domanda faccio rispondere Antonio Onorato, che ha condiviso il palco e la vita artistica con Pino Daniele per tanti anni…comunque la mia risposta è sì».
Interviene Antonio Onorato: «Anche la mia risposta è sì, sono due pilastri della cultura napoletana e non è che li abbiamo persi, sono sempre con noi. Anzi, beati noi che li abbiamo avuti!».

Quali sono i pregi e i difetti del suo ambiente di lavoro?

«Be’, a me piace guardare soprattutto i pregi non solo del mio ambiente di lavoro. Come dice un amico mio che è qui di fronte, è più bello ricordare alle persone che anziché essere dei sacchi di immondizia sono delle casse di brillanti. E quindi questo vale anche per il nostro ambiente che è molto pieno di inquinamento a vari livelli, però diciamo mi piace, anche se mi devo sforzare qualche volta, per continuare a cercare le motivazioni più sincere e pure. Siccome sono sempre stato abituato a condividere il palco e le emozioni del lavoro con dei compagni di vita, per esempio oggi sono con degli artisti formidabili, dei musicisti eccezionali che sono anche dei grandi amici, ritengo che un po’ siamo stati fortunati noi a poter vivere quella stagione. Oggi è diverso, non so, non è meglio né peggio, solo molto diverso e noi quando abbiamo cominciato era soprattutto per l’esigenza di voler comunicare qualcosa. Poi il successo, la popolarità sono state delle conseguenze, benvenute, per carità, però non cercate più di tanto. Il fatto che oggi si siano un po’ invertiti i fattori, che la ricerca quasi ossessiva del successo abbia fatto dimenticare in qualche modo il perché si fa questo lavoro, è un qualcosa che mi tiene un po’ attento e vigile ecco perché cerco anch’io ogni volta di trovarmi in una situazione da dilettante, di diletto, di gioco, per non dimenticare che abbiamo cominciato a fare questo lavoro soprattutto per trasmettere qualcosa, come quando trovi una buona ricetta, prepari un buon piatto e lo vuoi condividere con gli altri».

Qual è stato il personaggio più difficile da interpretare nella sua carriera televisiva?

«Uno in particolare, forse è stato quello di fare il papà di Sophia Loren nella fiction “La mia casa è piena di specchi“. Il desiderio di Sophia era quello di rendere omaggio alla madre ed io volevo a tutti i costi essere al servizio del suo progetto, ma non c’era una fotografia, non si sapeva niente, finchè mi sono trovato proprio all’angolo come se fosse un match, le ho chiesto aiuto e mi ha dato una foto del padre. Poi mi ha anche detto alcune cose che mi hanno aiutato ad interpretare questo personaggio da cui conservava una distanza emotiva molto forte ma al quale era rimasta anche profondamente legata».

Come nasce la sua passione per la poesia?

«Non so pensarla diversamente: mi piace perché anche in un copione, in un progetto ci devono essere tracce di poesia. Posso risponderti meglio sul mio concetto di poesia che era poi lo stesso di Troisi, perché poche persone sospetterebbero che Massimo è stato un grandissimo poeta, ma sempre alla base di qualunque composizione c’era una poesia come sintesi, come pensiero e come possibilità o ricerca di andare oltre il linguaggio parlato che ha comunque dei limiti, ha una prosa e invece la poesia si può permettere delle figure retoriche, delle invenzioni e allora un po’ il trucco è pensare in poesia e agire in prosa, vivere secondo un’ispirazione poetica e poi trovarsi nella nostra società con tutte le difficoltà, i disagi che ci sono, conservando sempre la luce della poesia».

Quali sono i suoi progetti futuri?
«Sono alle ultime settimane, dopo 8 mesi di riprese della fiction “Provaci ancora prof.”. La nuova serie è molto interessante e quindi nella prossima stagione vedrete 8 nuove serate dedicate alla nostra Prof.».

Che messaggio vuole lasciare ai lettori di PescaraPost?
«Visto che si chiama PescaraPost e sono dei lettori, dico di continuare a usare in maniera attiva gli occhi, di continuare a leggere, non importa se online o sulla carta stampata, ovunque sia l’importante è leggere non “farsi leggere” perché la parte brutta della televisione che pure ha tante cose belle è che gli occhi stanno fermi quando la guardi, invece quando leggi sei obbligato a muoverli. In altre parole, è importante muovere gli occhi, non perdere il gusto di restare lettori e avere occhi che cercano».