L’acqua potabile in Italia proviene per l’85% da falde sotterranee, un’origine che, grazie all’azione naturale di filtro compiuta dalle rocce, assicura una qualità di partenza migliore rispetto alle risorse idriche derivanti dalle riserve superficiali.
A prescindere dalla provenienza, l’acqua prelevata dalle riserve idriche viene sottoposta a rigorose analisi chimico-fisiche, per verificarne la qualità e controllare la presenza di eventuali contaminanti e fattori di rischio per la salute.
In seguito, se necessario, prima della distribuzione viene effettuato un processo di potabilizzazione, che consente di trasformare l’acqua grezza in potabile, così da garantire che sia priva di inquinanti e che rispetti i limiti dei parametri fisici, chimici e microbiologici previsti dalla normativa di legge, regolata dal D.Lgs. 18/2023.
Tale decreto non solo stabilisce che l’acqua potabile debba essere salubre e pulita, ma introduce sull’intero sistema idrico un approccio basato sul rischio, al fine di garantire sempre la sicurezza della risorsa idrica distribuita e la protezione della salute umana.
Come funziona la potabilizzazione dell’acqua in Italia
Come riportato anche dall’approfondimento a cura di Acqua del Rubinetto, blog del gestore del servizio idrico della Città metropolitana di Milano Gruppo CAP, la potabilizzazione dell’acqua viene condotta per mezzo di trattamenti che variano in base al tipo di fonte da cui effettuati i prelievi.
Dato che in Italia l’acqua potabile viene ricavata principalmente dalle falde acquifere sotterranee, i trattamenti a cui si ricorre con maggiore frequenza sul nostro territorio sono la dissabbiatura, l’ossidazione, la filtrazione e la disinfezione UV, naturalmente laddove necessario. È bene ricordare, infatti, che in determinati casi la qualità delle risorse idriche è talmente elevata che l’acqua viene distribuita senza trattamenti.
In particolare, si ricorre alla dissabbiatura per rimuovere i cosiddetti solidi sospesi sedimentabili inerti, come per esempio la sabbia.
L’ossidazione, invece, prevede che l’acqua venga condizionata con l’ozono oppure attraverso prodotti a base di cloro. L’obiettivo di questo processo è favorire l’aggregazione in particelle di dimensioni maggiori di tutte quelle sostanze, come per esempio i metalli, che non sedimentano spontaneamente. Successivamente, si procede all’eliminazione tramite filtrazione, che avviene grazie ad appositi letti filtranti, per lo più costituiti da quarzite.
Infine, si ricorre alla disinfezione UV per rimuovere dall’acqua i batteri, attraverso un processo che ne altera la struttura del DNA.
La potabilizzazione dell’acqua prelevata da fonti superficiali
Per quanto riguarda le acque prelevate da fonti superficiali, come per esempio mari e laghi, i trattamenti di potabilizzazione generalmente comprendono processi meccanici, chimici, fisici e di disinfezione.
Il primo passaggio prevede la grigliatura, con l’utilizzo di griglie di dimensioni specifiche che permettono di rimuovere dall’acqua gli elementi solidi grossolani, come residui plastici, foglie e rami. In questa fase, l’acqua può essere sottoposta anche a un procedimento di microstacciatura o setacciatura, qualora venga riscontrata la presenza di micro-alghe che potrebbero danneggiare i filtri, con la possibilità di ridurne la concentrazione fino al 70%.
Successivamente, la potabilizzazione prevede un processo di sedimentazione attraverso il quale l’acqua viene raccolta all’interno di grandi vasche, affinché i sedimenti come limo, sabbia e terriccio possano depositarsi sul fondo ed essere rimossi dall’acqua.
Le particelle più pesanti si poggiano quindi sul fondo delle vasche sotto forma di fanghi, mentre gli elementi più leggeri sono eliminati attraverso un processo di chiariflocculazione, un trattamento chimico che agevola l’aggregazione delle particelle che poi vengono rimosse tramite decantazione oppure, quando necessario, mediante un procedimento di filtrazione su sabbia quarzifera.
Il processo di potabilizzazione prosegue quindi con la filtrazione dell’acqua, utilizzando trattamenti che, a seconda delle circostanze, possono essere impianti a carbone attivo, a osmosi inversa oppure a ossidazione e filtrazione.
Questi procedimenti permettono di eliminare sostanze e microrganismi non sedimentabili, inoltre a seconda dei filtri utilizzati è possibile anche migliorare la trasparenza, l’odore e il sapore dell’acqua.
Infine, avviene il processo di disinfezione, il trattamento conclusivo che consente di eliminare i microrganismi nocivi per gli esseri umani, attraverso una clorazione dell’acqua con biossido di cloro in una concentrazione massima di 0,5 mg/l.
I trattamenti avanzati per la potabilizzazione delle acque
Le acque superficiali, così come le acque di falda più superficiali, sono sempre più inquinate da contaminanti organici come solventi clorurati e fitofarmaci, la cui rimozione avviene tramite trattamenti su carbone attivo o filtrazione su membrane. Questi procedimenti garantiscono la rimozione degli inquinanti dall’acqua grezza, trasferendoli nelle membrane o nel carbone attivo.
Dato che lo smaltimento o la rigenerazione di questi ultimi risulta impattante per l’ambiente, si stanno studiando una serie di trattamenti innovativi più sostenibili, in grado di degradare i contaminanti e salvaguardare il pianeta.
Come spiega il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), una possibile alternativa è rappresentata dai Trattamenti Avanzati di Ossidazione (AOT) che, a differenza dei processi di potabilizzazione convenzionali, trasformano i contaminanti in ioni e molecole semplici come anidride carbonica, acqua e cloruri, oppure in sottoprodotti atossici.
Al momento si tratta ancora di tecnologie sperimentali, ma sono stati ottenuti già buoni risultati nell’eliminazione sostenibile dei pesticidi di largo consumo, intermedi dell’industria farmaceutica, cloro-fenoli e coloranti.