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Abbattimento alberi, il caso finisce in Procura: esposto degli ambientalisti

Finisce alla Procura della Repubblica il caso che si è sollevato in seguito alla decisione operata dall’amministrazione comunale di Pescara di abbattere 121 alberi in diverse strade e zone della città.
Proprio questa mattina, martedì 6 settembre, 13 associazioni (Italia Nostra Pescara, Archeoclub Pescara, Mila Donnambiente, Forum H2O, Stazione Ornitologica Abruzzese, Ass. Crocevia, Comitato Abruzzese per il Paesaggio, Ass. Ville e Palazzi Dannunziani, Pro natura Abruzzo, Conalpa Onlus, Fai Delegazione di Pescara, Ass. Pescara PuntoZero, Wwwf Chieti-Pescara) hanno depositato un esposto.

Le associazioni contestano la relazione con cui il Comune sta sostenendo il taglio di piante addirittura monumentali, come quelle in via Scarfoglio: una procedura che non risponde al protocollo seguito dagli altri enti pubblici essendo basata esclusivamente su un’analisi visiva priva addirittura del riconoscimento della specie di appartenenza degli alberi esaminati e non sull’analisi strumentale.

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Inoltre, secondo le associazioni, manca un’intera parte della procedura ma anche quella visiva preliminare è stata svolta in forma speditiva e presenta gravi limiti visto che il riconoscimento della specie è dirimente per capire se il portamento e/o la struttura dell’albero è naturale ed è fonte di pericolo.

Nell’esposto viene anche evidenziato come la procedura di somma urgenza, che ha portato all’affidamento alla ditta Vivai Barretta di Melito di Napoli della somma di euro 36mila, non poteva, ad avviso, delle associazioni essere utilizzata.

«La somma urgenza», fanno sapere gli ambientalisti, «si usa nelle catastrofi, nelle situazioni impreviste ed emergenziali. Nella legge si spiega che il primo funzionario “arrivato sul posto” può disporre lavori in questo modo (infatti la legge prevede un verbale, perché queste situazioni avvengono esclusivamente sul campo). Peccato che qui la relazione è stata consegnata il 26 luglio 2016 e il verbale di affidamento dei lavori è avvenuto ben 28 giorni dopo. C’era tutto il tempo per esplicare gare, chiedere preventivi ecc. Una giurisprudenza schiacciante ha chiarito che non si può ritardare la procedura normale e poi arrivare ad applicare la somma urgenza».