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Storia di un cane di quartiere… quando la banda suonava!

Lui era in prima fila, aprendo la strada ai passanti che lo guardavano trotterellare su corso Umberto a Pescara. Erano gli anni in cui Romeo viveva diviso tra il vento marino e quelle carezze genuine che ne pettinavano un manto rossiccio ben tenuto, nonostante le lunghe passeggiate tra lo smog cittadino e la sabbia estiva. Erano gli anni in cui nacque il primo “cane di quartiere” a Pescara.

Il Cavaliere a quattro zampe, così lo chiamava con un amore assoluto l’avvocato Mimola, che come pochi ha lasciato un pezzo di se stesso nell’anima di chi “sente” profondamente gli animali, andandosene per sempre, incidendo il ricordo di un bello e pulito che lascia scendere la lacrima sul viso a chi, ancora con vigore, ha memoria ampia per narrare ai nostri giovani la storia dei “suoi” cani, quelli liberi con la medaglietta al collo e un monito preciso: non prendetemi…io sono “Il cane di quartiere”.

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Erano gli anni intorno al 2000, i cittadini accudivano queste nobili creature e loro felici cristallizzavano quello che ogni essere vivente dovrebbe avere nella sua esistenza, la libertà l’amore e il rispetto. Un immenso spazio in cui stare, un riparo sicuro e la certezza di avere sempre i custodi a protezione, divisi tra i negozi profumati del centro cittadino, e cuccia tiepida al bisogno… Romeo…Ugo…. Biancarosa… Poi un laccio, un uomo diverso e la cattura.

cane nuvola

 

L’istituzione che esegue l’ordine, il corpo si ribella le zampe si chiudono, ed è gabbia… la colpa?… non avere colpa, se non quella di affiancarsi a chi difende le sue strade, i suoi alberi, le sue aiuole, con un abbaiare simpatico e veloce, tradito da una struttura fisica prestante e dominante.
Romeo ormai vecchio, si accoccolava sul petto della signora Bellini, la sua nuova casa il Dog Village, i suoi nuovi amici rumorosi e felici, e la storia di Pescara dei tempi irripetibili attraverso i loro occhi scuri, pieni di vigore ancora vivo della gente che come Carmelita ne racconta commossa le vicende… e si respira nostalgia, di una intensità che merita quella stima e quell’affetto da non concedere che a pochi, e a lei soprattutto, scivolano gli anni, e si chiude la storia del primo cane di quartiere, e si apre quel senso di vuoto che ogni fine regala malinconico.

Poi da una stradina popolare sbucò una piccola nuvola bianca, cicciottella diffidente. E quella nuvola bianca diede inizio circa dieci anni fa a una nuova storia, fatta di telefonate a segnalarne la presenza, di tentativi per metterla in sicurezza, e finalmente la “medaglietta” al collo con inciso un numero, sempre quello, come diceva il Vico dei cicli storici, e la certezza di poter vivere anche lei libera senza sbarre e crampi allo stomaco. Discreta e silenziosa nel quartiere vicino all’ospedale, pochi a percepire la sua presenza, non meno importante di quella di Romeo, solo accompagnata da amici diversi: mici, piccioni e anziani con cui trascorrere qualche ora serenamente. Oltre undici anni di vita così, oltre undici anni senza lamenti e poi le foglie diventano anche per lei troppo dure, tra i dolori dell’età e il rischio di finire investita. Zoppicante, buffamente goffa. Signora Bellini, qui ho trovato un cane abbandonato. Lasciatela è Nuvola… anzi, Nuvolo… perché si scoprì dopo che era maschio, e il sorriso è doveroso.

Ieri la telefonata che non doveva arrivare, o è arrivata senza essere pronti….di nuovo il laccio, di nuovo gente diversa e l’istituzione che esegue. La panchina del parco lo sta aspettando anche oggi, e i suoi amici sono nell’angolo vicino all’ambulatorio, come sempre alla stessa ora. Ci sono le sbarre, odori sconosciuti così diversi da quelli che Nuvolo conosceva, poi di nuovo l’abbraccio, un seno materno una donna straordinaria, e le lacrime. Stai sereno piccolo vecchietto di quartiere, stai sereno, sei al Dog e la storia si ripete.
Tutto è eterno finché dura, ma ci sono persone che fanno la differenza, e che segnano per l’eternità.

Questa è la storia dei cani di quartiere.