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Su un dipinto di Andrea De Litio a Moscufo

Andrea De Litio, attivo nella seconda metà del Quattrocento, è probabilmente il pittore più importante del Rinascimento abruzzese; nel coro del Duomo di Atri egli realizzò il suo indimenticabile capolavoro: gli affreschi con Storie evangeliche, un’opera maestosa su cui avremo indubbiamente modo di ritornare.
In questo pezzo tratteremo brevemente un’altra sua opera: una tavola conservata nella chiesa di Santa Maria in Lago a Moscufo (un autentico gioiello del Medioevo abruzzese, con affreschi splendidi e uno dei pulpiti più spettacolari del centro Italia) (Fig.1), rappresentante la Madonna col Bambino (Fig.2).

Parliamo innanzitutto dello stato conservativo. Il dipinto doveva far parte di un complesso indubbiamente più ampio: un polittico? O forse una più semplice pala quadrata con altri santi intorno a Maria, una tipologia più confacente ai caratteri “razionali” e semplificati del Rinascimento? Quel che è certo è che l’opera è stata resecata, e resecata in maniera anche grossolana: guardate il braccio sinistro di Maria, tagliato senza remore (Fig.3).

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Insomma, anche quest’opera di De Litio condivide il triste destino di tanta pittura su tavola (specie medievale) prodotta in Italia: una quantità esorbitante di opere amputate e disperse nei musei di mezzo mondo.

Perché il Bimbo ha in mano quello che, verosimilmente, è un cardellino (Fig.4)? Nella simbologia cristiana il cardellino è un simbolo della Passione di Cristo: dunque, nel contesto del Cristo fanciullo, ha il ruolo di preannunciare la Passione, di ricordare il destino di sofferenza che attende il Signore per la salvezza dell’umanità intera – compare così in numerose rappresentazioni artistiche del Cristo fanciullo, basti pensare alla celebre Madonna del cardellino di Raffaello.
Ecco allora che il fedele viene coinvolto nell’immagine sacra: la Madonna e il piccolo Gesù lo guardano direttamente, con sguardo accostante e profondamente umano, ricordandogli che la terribile prova a cui entrambi saranno sottoposti è un immenso atto d’amore nei suoi confronti; la divinità si umanizza e proprio per questo ci coinvolge emotivamente: chi potrebbe rimanere indifferente di fronte a una madre che, per l’amore che ci porta, accetta il sacrificio del figlio?
Non si può che amarli, questa madre e questo bimbo: ecco la strategia delle opere d’arte religiose!

Tutto questo può aiutarci per una ricostruzione del resto dell’opera? Potremmo per esempio pensare a una predella in cui, in un riquadro posto in corrispondenza del Bambino, compaia il Cristo doloroso coi segni visibili della Passione sofferta? Un Cristo, dunque, affiancato a destra e a sinistra da altri riquadri con la Madonna e San Giovanni Evangelista, entrambi in lacrime come da tradizione? Ipotesi che, per chi scrive, è al momento inverificabile.

Ma veniamo finalmente allo stile. La parte inferiore del dipinto non è in ottime condizioni (Fig.5): soprattutto il blu e il rosso della veste della Vergine portano i segni di evidenti sofferenze – la pellicola pittorica appare consumata, e di conseguenza gli effetti voluminosi delle gambe sotto la veste particolarmente diminuiti. Nonostante questo, però, la leggibilità del dipinto è buona, specie per quel che riguarda il Bambino e la parte superiore della madre: il morbido sfumato che rende tondo e paffuto il viso del piccolo Gesù è, da un punto di vista di esecuzione pittorica, esemplare (Fig.6) – al confronto il viso di Maria sembra maggiormente affidato a effetti grafici.
Sorge a questo punto un problema centrale: come collocare questo dipinto nell’ambito della produzione di Andrea De Litio? È precedente o successivo agli affreschi di Atri, realizzati presumibilmente nei primi anni settanta del Quattrocento? Questione, per chi scrive, particolarmente spinosa. Rispetto ai personaggi atriani, la Madonna e il Bambino di Santa Maria in Lago sembrano più voluminosi e monumentali, i loro corpi più saldi e meglio proporzionati – alcune figure di Atri sono smagrite e sottoposte a deformazioni espressionistiche. In ogni caso il grado di vitalità è lo stesso: si veda soprattutto il vispo Gesù che guarda lo spettatore benedicendolo.
Dunque: se abbiamo visto bene, possiamo pensare a questa tavola come a un’evoluzione successiva ad Atri, verso un realismo monumentale più sicuro? Oppure è un momento precedente, in cui i ricordi delle probabili esperienze toscane del pittore erano più vive nel suo pennello?
Si segnala, infine, il dettaglio della corona in metallo tridimensionale, oggetto reale posto nel dipinto (Fig.7): inserto polimaterico voluto dall’artista e dai suoi committenti, o aggiunta successiva con valore unicamente devozionale?
Sia come sia, il dipinto di cui abbiamo parlato in questo pezzo è un fiore all’occhiello di Santa Maria in Lago: è particolarmente strano che, nel pur bel cartello all’esterno che spiega brevemente la storia dell’edificio, a esso non si faccia il minimo riferimento.

Mario Cobuzzi

 

Arte e Parte è una rubrica di storia dell’arte abruzzese antica e contemporanea curata da Mario Cobuzzi (Kunst. Appunti di storia dell’arte) e Marco Pacella, (Twitter: @marco_pacella)


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