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Giovane morta per overdose, individuato e arrestato lo spacciatore

Individuato e arrestato lo spacciatore che avrebbe fornito la “doserisultata poi letale per una giovane a Pescara. I carabinieri della Compagnia di Pescara nella mattinata di ieri, venerdì 13 aprile, hanno tratto in arresto A.F., 46enne pescarese, con l’accusa di morte come conseguenza di altro reato.
L’arresto è stato compiuto dai militari della Compagnia di Pescara in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal Gip del Tribunale di Pescara su richiesta della Procura della Repubblica.

Il tutto è partito dalla morte di una giovane donna a Pescara avvenuta il 28 settembre 2017.
La giovane era stata trovata morta in casa e il decesso sarebbe avvenuto per “edema polmonare acuto”, conseguente a una presunta overdose da oppiacei.

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Al momento del ritrovamento del cadavere, in casa della vittima i militari del Nor avevano sequestrato dei ritagli di blister di medicinali analgesici oppioidi molto potenti.

Da lì sarebbero partite le indagini per cercare di ricostruire gli ultimi istanti di vita della giovane e le sue frequentazioni.
In particolare, sin da subito sarebbe emerso che la ragazza negli ultimi mesi aveva stretto amicizia con il 46enne arrestato.

Con quest’ultimo la donna avrebbe avuto diverse conversazioni su Facebook nel corso delle quali avrebbe parlato di stupefacenti.
Il 46enne, secondo quanto emerso dalle indagini, in più occasioni si sarebbe “vantato” di possedere “droghe tra le più disparate e medicinali contenenti sostanze oppiacee”.

I militari, osservando i comportamenti dell’uomo, avrebbero accertato che quest’ultimo avesse messo in piedi un’attività fiorente di spaccio.
Il 46enne avrebbe ricevuto i propri “clienti” direttamente a casa, richiedendo in alcuni casi delle pulizie della propria abitazione come “pagamento” della droga.

E lo spaccio avrebbe riguardato sia sostanze “comuni” come hashish e marijuana, che medicinali “oppioidi”, usati solitamente per la terapia del dolore.
Il 29 settembre i militari, durante la perquisizione dell’abitazione dell’uomo, avrebbero scoperto una vera e propria centrale dello spaccio.
In casa del 46enne sarebbero stati infatti ritrovati:

  • 25 grammi di marijuana
  • decine di scatole di medicinali tra:
    -potenti analgesici di derivazione oppiacea
    -medicinali a base di benzodiazepine solitamente utilizzati per il trattamento di dolori acuti e cronici, vendibili solo previa prescrizione medica.

Alla luce delle scoperte fatte in casa, il 46enne è stato inizialmente deferito per spaccio continuato e detenzione di sostanze stupefacenti, e poi, a inizio febbraio scorso, ristretto ai domiciliari.
Le indagini sul suo conto non si sarebbero però concluse, ma sarebbero proseguite per cercare di scoprire se la morte della giovane potesse essere in qualche maniera collegata alla cessione di sostanze da parte dello spacciatore in questione.

E le risultanze investigative avrebbero in qualche maniera confermato tale ipotesi.
A tal proposito, l’esito dell’autopsia avrebbe ricondotto il decesso come conseguenza di una overdose da oppiacei, mentre la relazione tecnica del consulente del Pm avrebbe accertato che la presenza di morfina nel sangue della vittima era da attribuire all’assunzione di farmaci contenenti tali sostanze (escludendo allo stesso tempo che la stessa potesse derivare da precedenti assunzioni di eroina o oppio.

L’assenza di queste ultime sostanze cosiddette “da strada” sarebbe stata supportata dall’assenza di oppioidi secondari e altri elementi chimici tipici dell’azione di “taglio” e lavorazione.
I militari nel Nor, in aggiunta a tali esiti, avrebbero confrontato i ritagli di blister trovati in casa della giovane morta e sequestrati con quelli ritrovati in casa del 46enne per dimostrare una eventuale compatibilità.

Grazie all’ausilio ulteriore della Sezione Chimica – Laboratorio Merceologia del Ris di Roma, sarebbe stata pertanto stabilita un’identità tra le porzioni di blister, confrontando le loro caratteristiche di produzione (modello, forma e dimensioni) e dimostrando che i farmaci rinvenuti in casa della giovane donna, “e ingeriti dalla stessa in dosi tali da causare un’intossicazione letale” provenivano da quelli ritrovati in casa del 46enne, e che quest’ultimo li avrebbe ceduti alla ragazza.