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Come perdere una giornata all’ospedale di Chieti, il racconto di una paziente

«La mia giornata è stata un disastro». Questa in estrema sintesi l’esperienza vissuta da una donna l’altro ieri nell’ospedale di Chieti dove ha accompagnato sua madre, che non deambula bene, che doveva sottoporsi a degli esami.

Gli appuntamenti sono uno al mattino e l’altro al pomeriggio, come da prenotazione telefonica effettuata al Cup. Con anticipo arriva all’ospedale, dopo aver regolarizzato l’impegnativa in una Asl di zona nella quale aveva accompagnato un’altra persona per gli esami del sangue (al fine di evitare le code chilometriche del Cup ospedaliero), e lascia la madre all’ingresso.

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Si dirige verso il parcheggio superiore e dopo una fila di una ventina di minuti si accorge che molti spazi non sono disponibili a causa della neve che nessuno si è preoccupato di rimuovere. «Faccio presente il problema alla
sorveglianza», racconta la donna, «e di uomini della sorveglianza ne ho contati almeno quattro. Mi rispondono che il tutto è computerizzato, sì, ma il computer ha tolto il numero dei parcheggi inaccessibili per neve? Sgarbatamente
mi dicono che non è un problema loro ma della asl e che comunque se non trovavo posto all’uscita mi avrebbero dato il gettone gratis per aprire la sbarra».

Chiuso il discorso parcheggio raggiunge nuovamente la madre e con i fogli in mano chiede informazioni su dove doversi dirigere visto che dall’impegnativa della Asl non si comprendeva. «Mi dicono di andare al reparto radiologia quinto piano. Arrivo, chiedo a una infermiera e mi manda a un certo numero di ambulatorio, pienissimo di persone che arrivavano da tutto l’Abruzzo, Guardiagrele specialmente! E poi chiudiamo gli ospedali. Consegno il tutto e l’infermiera dopo circa dieci minuti mi dice che era meglio se tornavo il pomeriggio alle quattro: la dottoressa avrebbe sottoposto mia madre a tutti e due gli esami in una volta sola, visto che l’impegnativa era unica e pareva che la mia dottoressa avesse sbagliato a non farne due. Faccio presente il digiuno di mia madre e il problema del diabete,
ma nessun problema, poteva mangiare anche solo una minestrina. Ok, esco, vado dal direttore sanitario e parlo con lui e con la sua assistente, spiegando il problema del parcheggio e degli esami, dicendo che forse bastava anche solo una fotocopia dell’impegnativa, rifiuto il loro interessamento per fare gli esami subito perché non voglio che chi si fa sentire viene servito e gli altri no».

La donna torna con sua madre nel pomeriggio, con un’ora di anticipo, nella stessa stanza. L’infermiera del nuovo turno le dice di fare l’accettazione allo sportello poco distante dove le fanno presente come i moduli rilasciati dalla Asl di zona la mattina non fossero giusti.

«Quindi la mattina non era lì l’esame, ma in un altro laboratorio, perciò perso! La colpa era mia che dovevo richiedere gli altri moduli. Ma il lavoro lo fanno loro o lo faccio io? Che ne so io dell’esistenza di altri moduli? Poi
comunque se volevo potevo andare a reclamare al Cup. Mi stampano i fogli mancanti dove c’era l’ambulatorio esatto, e non mi restava altro che gentilmente, ha sottolineato gentilmente, chiedere all’ambulatorio della mattina se per favore mi facevano l’esame, perché la colpa era la mia».

La donna prova ad andare ma la dottoressa non c’è, riprende un altro appuntamento, va a reclamare al Cup (centro unico prenotazioni) dove la dirigente le dice che il loro compito termina alla prenotazione. Porta la madre a fare l’altro esame del pomeriggio e per fortuna, grazie alla disponibilità di 2 persone gentilissime, viene sottoposta anche all’esame della mattina. «Ritorno al Cup, cambio i documenti, e finalmente fuori».

La donna protagonista di questa lunga giornata in ospedale per soli 2 esami forse è vittima di un sistema che ha deciso la soppressione e la chiusura degli ospedali periferici con la conseguenza di ingolfare i grandi ospedali che si trovano costretti ad assorbire un utenza superiore.

«L’Abruzzo è una terra meravigliosa», conclude la donna, non voglio tornare in Lombardia come molti mi dicono, perché amo questa terra, ci sono nata, ha delle risorse incredibili, è una regione meravigliosa e non dobbiamo ricordarla solo per gli eventi penosi. Sono i nostri politici che si devono svegliare, forti anche dell’esperienza maltempo e terremoto».

PescaraPost

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