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Anna Maria Monti dell’Unicef: «La solidarietà è stare vicino a chi soffre»

Anna Maria Cappa Monti, presidente Unicef del comitato di Pescara, da oltre 30 anni parte attiva della grande associazione internazionale che si occupa principalmente dei bambini dei Paesi del terzo mondo, si racconta e illustra ai microfoni di PescaraPost storia, obiettivi e progetti dell’organizzazione.

 

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Com’è nata l’Unicef?

«L’Unicef nazionale è nata nel 1946 a New York, subito dopo la seconda guerra mondiale con il compito di soccorrere tutti i vari Paesi che erano stati colpiti dalla guerra. In Italia l’Unicef è giunta anche in Abruzzo, addirittura vicino Roccaraso, dove creava dei piccoli depositi atti ad aiutare in particolare i bambini ma anche persone adulte. Tipico dell’Unicef è stato dare ai bimbi, me compresa, poiché sono di quel periodo, il “famigerato” olio di fegato di merluzzo che però era un ricostituente meraviglioso. Dopo 6 anni, con la ripresa post guerra sembrava che il mandato dell’Unicef dovesse terminare e invece, si è verificato quello che noi chiamiamo il “grande miracolo”: c’è stato un grande uomo, un italo-americano, Fiorello La Guardia, sindaco di New York in quegli anni, che stabilì che il mandato dell’Unicef sarebbe dovuto restare permanente con il compito specifico di aiutare i bambini dei Paesi del terzo mondo. In questo modo, è nata l’Unicef».

Com’è nato, invece, il comitato italiano?

«In Italia l’Unicef si è costituita nel 1975 ma il suo “boom” è avvenuto dopo l’anno internazionale del bambino, nel 1979, per merito del dottor Arnoldo Farina, Aldo per gli amici, un uomo meraviglioso a cui è stato dedicato il punto di incontro di Pescara, poiché egli ha veramente sovvertito l’idea della solidarietà. Dal 1979 in poi, è stato creato il comitato italiano con sede a Roma e ogni regione è coperta dall’Unicef con comitati regionali e provinciali. Io entrai per la prima volta nella sede Unicef di Roma nel 1979, durante un incontro in cui ho conosciuto Farina e da cui sono uscita affascinata, come tutti, da quest’uomo così in gamba. Nel 1981, su mandato di Farina costituimmo il comitato qui in Abruzzo. Egli era un uomo che sapeva capire le persone, non so bene cosa avesse, ma sapeva guardare nell’animo della gente, per questo sceglieva con grande attenzione le persone da introdurre nello staff. È riuscito a tirar fuori da ognuno di noi qualità che forse nemmeno immaginavamo di avere e soprattutto, aveva un’idea diversa di fare solidarietà. Egli ci ha insegnato che la solidarietà non è beneficenza o elemosina, che avvengono in un momento emotivo che spinge a donare soldi e poi ci si dimentica di tutto. La solidarietà è innanzitutto, stare vicino a chi soffre e non a caso dico spesso che dopo molti anni, Giovanni Paolo II disse la stessa frase ovvero che “vicino ad ogni uomo che soffre dovrebbe esserci un uomo che ama“. La parola d’ordine in tutti i comitati era “bambino“, poiché essenzialmente l’Unicef si occupa di cultura del bambino mettendone in risalto la presenza. Il bimbo non è il “futuro” del mondo ma è già presente in mezzo a noi e va rispettato perché potrebbe diventare chiunque da grande, anche fare una scoperta scientifica. Farina ci consigliava sempre di chiederci, qualunque fosse il nostro ruolo nella società civile, se stavamo facendo il nostro lavoro con consapevolezza e con rispetto. Tutte queste cose ce le ha fatte interiorizzare».

Secondo lei, cosa ha perso la società di oggi  rispetto al passato?

«Il problema grosso dell’epoca di oggi è che si sono persi tanti valori: il rispetto di se stessi, degli altri, l’educazione, l’obbedienza. I ragazzi oggi stanno vivendo veramente in un mondo e in un modo terribile. Noi cerchiamo, invece, di portare avanti questi concetti quando parliamo con bambini, insegnanti ecc.».

Quali sono le principali attività che svolgete?

«Il nostro primo obiettivo è quello di aiutare i bambini, quindi portiamo avanti ben 2 tipi di progetti, quello dell’emergenza e quello che portiamo avanti per tutto l’anno. Nel progetto che dura tutto l’anno si va nelle scuole, si parla molto ai bambini, si spiega la cultura dell’infanzia nonché l’importanza dei bambini nel mondo. Il progetto emergenza, invece, riguarda tanti bambini che continuano a morire nel mondo per fame, denutrizione e malattia. Quando nel 1980 entrai nell’Unicef, ogni giorno morivano oltre 40.000 bambini e le chiamavamo le cifre della vergogna. Negli anni, abbiamo fatto molte campagne di sensibilizzazione, conoscenza, raccolta fondi e grazie agli aiuti le cifre sono diminuite tantissimo».

Qual è il modo giusto di fare solidarietà?

«Noi non chiediamo mai soldi, perché essi vengono dopo. Il donare bisogna sentirlo dentro, altrimenti sembra un’elemosina. Un esempio, che chiarisce meglio ciò che intendo, è quello di una scuola elementare che mi contattò tempo fa per intervistarmi con i bambini e ciò si svolse nel grande salone della Camera di Commercio. Parlai a lungo e poi chiesi ai ragazzini di pensare ai bambini meno fortunati che soffrono e dissi loro che noi, per caso, siamo nati in posti dove c’è tutto, per cui è giusto sentirsi responsabili per coloro che non hanno avuto la stessa fortuna. I bambini hanno così interiorizzato questo mio pensiero tanto che hanno messo un salvadanaio a scuola e ogni giorno hanno rinunciato a qualche piccola cosa come il giornalino, le figurine ecc. Trascorso un mese e mezzo, quei bambini sono tornati con il salvadanaio, lo apriamo e raccogliamo 18 euro: con quella semplice cifra hanno salvato 70 bambini».

Come è possibile fare volontariato?

«Per fare volontariato una cosa importante è la puntualità e poi ognuno mette a disposizione il proprio talento. Bisogna metterci amore e buona volontà: l’amore è fondamentale, perché per amore si fanno tante cose».

Quali sono i progetti futuri dell’Unicef Pescara?

«Presto usciremo con un’indagine intitolata “denutrizione, malnutrizione, strabismo d’amore dell’Unicef”. Per raccogliere fondi organizziamo parecchi eventi; abbiamo inoltre le pigotte, delle bambole molto carine che costano 20 euro tanto quanto il kit salvavita che compra l’Unicef per aiutare i bambini. Abbiamo preparato un progetto intitolato il “sindaco amico delle bambine e dei bambini“. Il sindaco con tutto il consiglio comunale (incluse maggioranza e opposizione) accetta il compito di vegliare sempre di più su una buona amministrazione per la salute dei bambini del proprio Comune. In questo si inseriscono anche le scuole, di solito le medie. Viene organizzato il consiglio comunale dei ragazzi a cui raccomando sempre di non prendere la cosa come un gioco, ma come tirocinio per il proprio futuro. Un’altra iniziativa molto carina si chiama “coccole e abbracci” e riguarda le mamme che non sanno dove allattare: può essere una sala libera del Comune o una stanza in una piccola depandance di un asilo nido, dove poter cambiare e dare il latte ai propri figli».

Un messaggio per i lettori di PescaraPost? 

«Ho fatto tante esperienze sul campo, in Messico, Kosovo, terremoto dell’Aquila ecc. Il bambino è un bene troppo grande e va curato. A volte mi dicono che faccio troppi sogni, ma io amo rispondere con un proverbio messicano che ho imparato sul luogo: “Se una persona sogna da sola, il sogno rimane un sogno…ma se sogniamo tutti insieme, il sogno diventa realtà“».